22 dic 2013

SINDROME DI HOPPER

Tutto quello che voglio è dipingere i raggi del sole sulla parete di una casa. (Edward Hopper)

V
i confesso che non sono mai stato un grande frequentatore di gallerie d'arte, di mostre, ne tanto meno sono un esperto di pittura e di pittori. Però, per quel poco che conosco, ho apprezzato particolarmente  le opere di un pittore statunitense moderno: il  grande e, a mio avviso, geniale Edward Hopper. Nei suoi quadri il pittore rappresenta i paesaggi, la natura e la gente americana, registra la natura più vera dell'umanità, quella  che incontra in anonime e impersonali  città americane. Quando ammiro le sue opere a fatica riesco a staccarne lo sguardo ed entro in una specie  di catalessi, in uno stato di narcosi, permeato dal messaggio, forse non destinato a tutti, che l'Hopper  ci consegna. Rimango lì imbambolato mentre le sensazioni e gli stati d'animo che partono dalla tela mi penetrano. Percepisco di entrare a far parte integrante del quadro, di interagire con gli uomini, le donne rappresentate, di aver già vissuto le situazioni e le storie di quelle persone. Anche i paesaggi ritratti, gli ambienti dove il pittore ci guida sono come cosa nota, esperienze già vissute.

Una fredda luce tagliente e un buio misterioso
La preoccupazione di dare un senso alla luce e al buio è predominante. L'una è una luce solare che non ha calore, limpida come nei paesi nordici che illumina algide figure immobili in attesa di un qualche evento. Il buio invece è sempre una notte nerissima che rivela sporadiche isole di quotidianutà come bar notturni, strade silenziose, gente che si affretta verso casa.
La solitudine
In particolare Hopper sembra essere il pittore della solitudine, dei luoghi solitari e delle persone che paiono non comunicare tra loro. Ha dipinto strade con negozi chiusi, rotaie senza treni, pompe di benzina senza auto attorno, locali senza avventori, teatri senza pubblico, sale di attesa deserte. La solitudine è il senso fondamentale di queste opere e lo spettatore vi è trascinato dentro, entra pure lui a far parte di anonimi sobborghi di sconosciute città americane.

Alienazione e desolazione
Le sue vedute nette e rarefatte risultano alquanto inquietanti e rispecchiano l'angoscia del vuoto esistenziale, l'alienazione e la desolazione di una certa società americana. Nello spettatore si genera la sensazione di assistere ad un momento di estraneazione che aumenta mano a mano che si percepisce come i personaggi ritratti convivano in un ambiente minaccioso, alieno, costretti ad accettare nuove situazioni di adattamento esistenziale.

Disumanità
Le scene della vita quotidiana che Edward Hopper dipinge in una sorte di realismo metafisico hanno la caratteristica dell'estraneità, sembra che non appartengano a questo mondo ma ad un paesaggio lunare. Le sue figure sono plastiche ma cristallizzate in un'immobilità che sembra eterna. L'atmosfera è asettica, deossigenata, quasi invivibile, come se tutta l'aria fosse stata aspirata via.

I
nsomma l'artista  costruisce quasi tutti i suoi quadri attorno a una linea di confine tra interno ed esterno o tra spazio naturale e spazio urbano. Nelle sue creazioni si rintraccia il riflesso della sua vita metodica,  poco incline al cambiamento e pochi soggetti accompagnano tutta la sua produzione: paesaggi americani, stanze d'albergo, strade solitarie, notturni cittadini.

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