9 lug 2013

UTOPIA E REALTA'

"L’Italia delle chiacchiere. L’Italia degli annunci. L’Italia che lancia il decreto del fare (prima di farlo, cioè senza averlo fatto). L’Italia dei convegni e delle comparsate televisive dei big."

L'utopia al governo. Ci sarà mai finalmente un presidente del Consiglio che abbia il coraggio di prendere decisioni coraggiose, di assomigliare a uno statista? Letta è un giovane politico competente cresciuto alla scuola dello zio Gianni Letta, plenipotenziario e consigliere del pluripregiudicato Silvio Berlusconi, ma è un non-leader schiavo di due padroni. Invece di occuparsi costruttivamente della risoluzione dei tanti comuni italici problemi appare sempre più spesso impegnato nei convegni e sui media per mostrare quanto sia bravo a arrampicarsi sugli specchi e a lanciare ipotetiche future iniziative e riforme (da chi e quando saranno realizzate?) senza mai assumersi rischi e relative responsabilità.

Nei suoi discorsi che sanno molto di smaccata propaganda compare spesso una vena di ingiustificabile ottimismo come in un suo recente discorso a Monza dove ha affermato che l'Expò 2015 sarà fondamentale e che ad essa leghiamo l’obiettivo della ripresa economica del nostro paese oppure quando ci fa sapere che dobbiamo avere più fiducia in noi stessi contrastando le tendenze pessimistiche e le diatribe domestiche o quando ritiene il suo governo stabile, duraturo e concentrato sui suoi obiettivi.

Il la è stato dato e seguono a ruota libera le chimeriche dichiarazioni del suo staff sulla "si intravede una luce in fondo al tunnel", su "la ripresa è vicina", e anche "abbiamo provveduto al risanamento economico del paese" e simili. Voci che sembrano provenire da un altro pianeta.

La realtà del paese. Tutte balle, regolarmente smentite dalle organizzazioni dei lavoratori e degli imprenditori: confindustria, confcommercio, sindacati, ecc. La verità non ci viene detta, è tenuta artatamente nascosta dai nostri governanti e dalle istituzioni senza dimenticare il rumoroso silenzio della presidenza della repubblica sulla realtà del paese. I dati regolarmente forniti dai nostri centri studi sull'occupazione, sui consumi, sulla economia in generale non confortano certo le rosee previsioni del futuro raccontate dagli esponenti del governissimo di Letta ma raccontano una opposta e drammatica realtà.

A distanza di qualche mese dall'insediamento del cosiddetto governo delle larghe intese la mancanza di una vera e propria strategia politica e la diffusa incapacità di progettare azioni con conseguente rendicontazione dei risultati raggiunti ha dato i suoi amari frutti. Incoscientemente rimandiamo i problemi ad un futuro non meglio identificato (che siano le prossime generazioni a ricevere la patata bollente?), giochiamo ancora una volta con le parole anche se l'Italia è allo stremo delle forze, anche se non ha alcuna prospettiva di miglioramento, anche se ha zero possibilità di riscatto.

Povertà, questa è la parola che andrebbe utilizzata nei discorsi ufficiali perchè obbiettivamente siamo diventati poveri. E di questo bisogna prenderne atto: poveri nei rapporti con gli altri, poveri di cultura, poveri di riferimenti istituzionali, poveri con le tasche vuote, poveri e affamati. Viviamo un moderno medioevo, buio, con le luci accese nelle finestre degli altri.



Un pericoloso declino. L'Italia va verso un declino pericoloso, non vi è più collante tra le parti sociali, la distanza tra ricchi e poveri è immensa. Non vi è più dignità e rispetto ma solamente infinita ipocrisia e mediocrità. I discorsi che ci vengono propinati sui mezzi di informazione risuonano di parole vuote, come vuota è la politica degli ultimi mesi: è solo una questione di potere, poteri forti, poteri sempre più forti. Il gioco è per i ricchi e per i potenti i quali fanno "orecchie da mercante" vale a dire che per loro vale il principio chi ha la pancia piena non può credere a chi non mangia da giorni.

Con un po’ di furbizia, e di feeling con l’immaginario collettivo, le istituzioni potrebbero provare a coinvolgere il resto del mondo, gli operai, i manovali, gli stagistisi, gli elettricisti, i piccoli imprenditori, ecc. parlando di lavoro, sviluppo, ripresa e magari ottenendo una risposta, un riscontro di idee a nome di tutti. Invece no, la nostra politica, le nostre istituzioni, non capiscono e continuano a rivolgersi a una platea di privilegiati selezionatissimi (che fanno la figura di autentici marziani), a coltivare riti castali: essi sono infatti convinti che l'austerità sia finalmente passata senza capire che l’austerità, quella vera, alla greca, non è neppure cominciata. 

Amare conclusioni. Qualcosa bisognerà fare e allora ecco che compare sulla scena il cappello dl prestigiatore, ecco che arrivano i compari delle tre carte, e cosa ne esce fuori? Una sola idea: tasse & tasse (aumento di quelli già esistenti, creazione di nuove). L'iniziativa coinvolge le imposte dirette e indirette, i tributi comunali, i contributi regionali, i balzelli statali e infine quella più crudele: l'aumento del costo della vita specie sui generi di prima necessità, sopportato soprattutto dai ceti meno abbienti.
E tutto ciò ci viene proposto in modo confuso, disordinato, senza metodo ne certezze, e, vergogna delle vergogne, senza sapere esattamente quanto, quando e come pagheremo. Tanto per rimanere sul concreto, cercherò di proporvi, nello schema sottostante cosa sembra aspettarci, salvo ulteriori ripensamenti, per il prossimo autunno:

- 01 Ottobre: aumento dell'IVA 
- 16 Ottobre: primo versamento Tobin Tax 
- 30 Ottobre: conguaglio TARES 
- 18 Novembre: versamento IVA 
- 02 Dicembre: acconto IRES 
- 03 Dicembre acconto IRAP 
- 16 Dicembre: saldo IMU 
- 27 Dicembre: acconto IVA 

Anche se forse l'elenco non sarà completo tutto questo Vi basta? La domanda non è retorica anche perchè l'Italia scala la classifica dei "tassatori" in Europa e con la pressione fiscale, passata dal 42,6% del 2011 al 44% del 2012, scavalca la Finlandia e si piazza al quarto posto per il peso del fisco tra i 17 paesi dell'euro (era al quinto nel 2011) e al sesto posto tra i 27 nell'Ue (dal settimo posto del 2011).

Cerchiamo di non scherzarci sopra, e, tanto per tornare al solito nostro ottimismo, proviamo prima ad essere un popolo che l' "ognuno per sè e tutti per nessuno" ha travolto il vivere sociale anche se molti di noi fanno finta di non accorgersene. Vivere è diventato impossibile, sopravvivere una abitudine quotidiana e non può andare avanti così. Non più. 

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